Commentary on Political Economy

Sunday 6 March 2022

 

Gli effetti sull’economia

di Lucrezia Reichlin

La situazione che si è determinata cambia tutto per la politica energetica, per il governo economico dell’Unione europea, per il rapporto tra Stato e impresa privata

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Illustrazione di Conc

Non bisogna farsi illusioni. Dall’invasione russa dell’Ucraina, l’economia mondiale, ma in particolare quella europea, è entrata in un regime di guerra. Questo regime dovrà sopravvivere anche a un auspicabile, anche se per ora non imminente, compromesso sul piano politico e militare. Non si tratta di concepire una risposta di qualche mese, ma di organizzarsi per sopravvivere in un nuovo quadro geopolitico. Questo cambia tutto per la politica energetica, il governo economico dell’Unione europea, il rapporto tra Stato e impresa privata.

La guerra potrebbe durare molto tempo, ma anche se si trovasse un compromesso temporaneo, il conflitto endemico con la Russia durerà e questo avrà effetto sull’economia italiana e europea attraverso una molteplicità di canali. Innanzitutto, attraverso un rialzo del prezzo dell’energia e una riorganizzazione strategica del suo approvvigionamento. In secondo luogo, attraverso l’influsso dei rifugiati e, infine, attraverso l’inevitabile escalation della spesa militare. Il fatto che gli scambi commerciali tra Russia e Europa siano relativamente limitati, in questo senso, è di poco conforto. 

L’effetto immediato della guerra è un radicale aumento delle materie prime che ha dato un’ulteriore spinta all’inflazione. Il mercato, che fino alla settimana scorsa vedeva l’inflazione della zona euro a un orizzonte di cinque anni, stabile intorno al 2%, la stima ora al 3% mentre all’orizzonte di un anno prevede il 5% come negli Stati Uniti. Questi numeri indicano che lo scenario inflazionistico perdurerà nel tempo. Inoltre, con un aumento del costo delle materie prime, un rallentamento dell’economia nella seconda parte dell’anno è molto probabile. Tutto ciò avviene a fronte di un’ulteriore pressione sui conti pubblici dovuta sia al costo dell’accoglienza dei rifugiati — che sono ormai più di un milione e che si stima comporterà un costo solo per quest’anno di 30 miliardi — , sia all’aumento delle spese militari che si stima sia di circa 40 miliardi annui per tutta la Ue. Si pensi solo che la Germania, in una spettacolare inversione di politica estera, ha annunciato un fondo per la spesa militare di 100 miliardi da finanziare a debito. A questo si aggiunge il costo del ricalibramento della politica energetica.

Siamo di fronte a una situazione economica nuova che richiederà, per affrontarla, una grande capacità strategica dell’Europa.

Partiamo dall’energia. Per il momento, nonostante le sanzioni e in particolare la decisione radicale di bloccare le riserve della Banca centrale russa, continuiamo a comprare gas dalla Russia e quindi a ripagarla in valuta forte. Le sanzioni colpiscono lo stock di riserve a disposizione della Russia, non il flusso. Con circa 100 miliardi di dollari di flusso annuo, la Russia continuerà a potere rifinanziare il suo debito nel prossimo futuro. È probabile quindi che una escalation della guerra richiederà la misura aggiuntiva di un blocco delle importazioni. Questo naturalmente avrebbe forti ripercussioni sull’economia europea. Ma anche senza il blocco, nella nuova situazione geopolitica, l’Europa dovrà rivedere la sua strategia energetica per ridurre la dipendenza dalla Russia. Questo richiederà misure che contengano la domanda, un approccio strategico per potere assicurare un maggiore approvvigionamento di gas liquido, in particolare dagli Stati Uniti, un aumento della capacità di stoccaggio e politiche di protezione dei consumatori. Ancora una volta, come abbiamo visto per la crisi finanziaria e per il Covid, non sarà possibile per gli Stati membri agire da soli. Il rischio sarebbe una competizione a somma zero che avrebbe la conseguenza di un ulteriore aumento dei prezzi energetici. Ma non solo, è difficile pensare che soluzioni di mercato siano sufficienti. Lo stoccaggio ai prezzi di oggi è costoso e rischioso per le società private. Ci sarà quindi bisogno non solo di coordinamento a livello europeo ma anche di una condivisione del rischio tra privato e pubblico. L’intrusione del pubblico nel mercato sarà inoltre necessaria per limitare le quantità con misure amministrate.

La buona notizia è che molti esperti giudicano sia possibile sostituire il gas russo, necessario a sopravvivere il prossimo inverno, senza che l’attività economica venga devastata o l’approvvigionamento elettrico interrotto. Ma questo sarà possibile solo con azioni radicali e grande capacità di azione comune (vedi i rapporti recenti del think-tank Bruegel).

Discutiamo ora degli strumenti di politica economica necessari a far fronte al nuovo quadro macroeconomico.

Il primo dilemma sarà per la Banca centrale europea. Siamo di fronte a quello che gli economisti chiamano uno shock di offerta in risposta al quale prezzi e quantità prodotte (e quindi occupazione) si muovono in direzione opposta. In questo caso, un aumento dei tassi d’interesse è poco efficace come calmiere dell’inflazione a meno di non indurre una pesante recessione, ma la stabilità dei prezzi è l’obbiettivo primario della Bce e dalla capacità di assicurarlo dipende la sua credibilità. Inoltre, con un debito pubblico elevato in molti Paesi, una riduzione degli acquisti di titoli pubblici da parte della Bce potrebbe generare episodi di instabilità sul mercato del debito sovrano e causare quella frammentazione finanziaria che ha caratterizzato la crisi del debito di dieci anni fa.

Anche non reintroducendo le regole del patto di Stabilità, la situazione è altamente rischiosa. Richiede, a mio avviso, dichiarare uno stato di emergenza in cui la Banca centrale possa coordinarsi (in rispetto dell’indipendenza) con le autorità di bilancio per assicurare — attraverso una molteplicità di strumenti — condizioni favorevoli di rifinanziamento del debito pubblico, strumenti mirati di politica fiscale a livello nazionale e nuovi meccanismi comuni per l’approvvigionamento energetico e per l’accelerazione della transizione verde. 

L’architettura del governo economico europeo non è facilmente adattabile a queste esigenze. Inoltre, i Paesi dell’Unione affrontano questa situazione con condizioni di partenza molto diverse: diversi livelli di debito pubblico e un diverso grado di dipendenza dal gas russo. Ma non abbiamo scelta. Mai come oggi l’Unione deve mantenere la coesione necessaria a una ferma capacità di azione strategica. Mai come oggi si trova ad affrontare una sfida esistenziale dal cui esito dipenderà la sua sopravvivenza.

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