Commentary on Political Economy

Tuesday 5 April 2022

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La Germania si è pentita della strategia politica con la Russia: perché e quali sono i prossimi passi

La Germania si è pentita della strategia politica con la Russia: perché e quali sono i prossimi passi

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO La Germania si pente. Troppo a lungo ha ignorato le implicazioni geostrategiche di un legame di eccessiva dipendenza energetica da Mosca. La guerra di aggressione russa contro l’Ucraina e il sospetto di crimini di guerra che l’accompagna aprono nella politica e nella società tedesca una resa dei conti con il recente passato. È una sorta di Vergangenheitsbewältigung, che mette in discussione le scelte di politica estera della Repubblica federale negli ultimi 30 anni e che getta alle ortiche l’intera tradizione della Ostpolitik, centrata sul dialogo ma anche su floridi rapporti economici con Mosca. E se ancora l’autocritica non si traduce in scelte di governo conseguenti, come l’embargo sulle importazioni di gas e petrolio dalla Russia che rappresentano oltre la metà del fabbisogno energetico nazionale, il conto alla rovescia è probabilmente già iniziato anche per questo passo. Sempre più voci dall’interno stesso della maggioranza e dell’esecutivo lo chiedono.

L’ammissione

L’ammissione più clamorosa è stata lunedì quella del presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, che parlando con un gruppo di giornalisti, ha ammesso gravi errori nella politica verso Mosca: «Il mio sostegno continuato al Nord Stream 2 è stato un errore. Siamo rimasti aggrappati a dei ponti, cui la Russia non credeva più nonostante i nostri partner ci avessero avvertito», ha detto il capo dello Stato, che è stato capo della cancelleria di Gerhard Schröder e poi per due legislature ministro degli Esteri di Angela Merkel. Ancora più radicale è l’ammissione di non aver creduto possibile fino all’ultimo che «Putin mettesse sul conto la completa rovina economia, politica e morale del suo Paese in nome della sua follia imperiale». Steinmeier, fin qui considerato il politico tedesco più dialogante verso Mosca, trae da questi errori un «bilancio amaro»: «Abbiamo fallito con l’idea di legare la Russia a una comune architettura di sicurezza». Il presidente federale indica Putin come il solo responsabile della guerra e anche se ci possono essere stati errori da parte occidentale, dice che una cosa è chiara: «Non ci potrà essere alcun ritorno allo status quo di prima della guerra, con una Russia sotto Putin».

L’accelerazione

A precipitare l’uscita di Steinmeier è stata probabilmente anche l’accusa rivoltagli dall’ambasciatore ucraino in Germania, Andrij Melnyk, che rompendo ogni codice diplomatico gli ha rimproverato di aver per decenni tessuto la fitta rete di contatti con Mosca: «Per lui il rapporto con la Russia rimane fondamentale, qualcosa di sacro, qualunque cosa accada, la guerra di aggressione gioca un ruolo marginale». Melnyk è stato in queste settimane protagonista assoluto della scena berlinese, attaccando apertamente il governo tedesco per le sue cautele e titubanze, in primis il rifiuto a estendere le sanzioni a gas e petrolio. A volte è andato anche fuori misura, come pochi giorni fa quando ha boicottato un concerto di solidarietà con l’Ucraina organizzato da Steinmeier a Palazzo Bellevue, dove si esibivano orchestrali russi, ucraini e bielorussi, ma i due solisti erano russi: «Un chiaro segnale verso Mosca», ha detto Melnyk. Il diplomatico ha anche criticato la scelta delle autorità di Berlino, dove vive una folta comunità russa, di autorizzare un corteo di auto in favore di Mosca. Ma in questo caso, il permesso è stato dato in nome della libertà di opinione; spesso, infatti anche cortei dell’estrema destra nazionalista vengono autorizzati nella capitale tedesca. Steinmeier è stato difeso dal governo, che ha respinto le critiche dell’ambasciatore, pur comprendendo la grave ed eccezionale situazione in cui si trova l’Ucraina. Che ci sia un movimento nella posizione del governo sull’embargo per gas e petrolio è apparso chiaro lunedì quando anche la ministra della Difesa, Christine Lambrecht, ha detto che occorre prendere in considerazione questo passo. Il ministro dell’Economia e della transizione ecologica, il verde Robert Habeck, ripete da giorni che si tratta di assicurare il prima possibile le forniture energetiche alternative, per poter prendere una decisione giusta, ma che a bocce ferme metterebbe in ginocchio l’intera economia tedesca. Infine, c’è da registrare la prima uscita di Angela Merkel, che in queste settimane è stata molto criticata per non aver durante i suoi anni al potere agganciato l’Ucraina in modo stabile all’Occidente e soprattutto per aver permesso che la Germania diventasse così fortemente dipendente dalle importazioni di gas dalla Russia. Ieri l’ex cancelliera, attraverso un portavoce, ha difeso la sua decisione di opporsi all’ingresso di Kiev nella Nato al vertice di Bucarest nel 2008, quando il presidente degli Stati Uniti George W. Bush aveva proposto un Membership Action Plan per l’adesione di Ucraina e Georgia.

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