Commentary on Political Economy

Sunday 1 January 2023

I discorsi paralleli di Putin e Xi Jinping, e che cosa si nasconde sul futuro della guerra nelle loro parole

Quali messaggi contiene l’ultima telefonata tra Vladimir Putin e Xi Jinping, con cui i due leader hanno concluso il 2022? Il rapporto fra le due superpotenze anti-occidentali rimane saldo, e la loro «cooperazione strategica» farà un passo avanti in occasione della prossima visita di Xi a Mosca. Nella versione cinese però la guerra in Ucraina viene per la prima volta definita una «crisi internazionale», un’espressione negativa che Xi aveva evitato in passato. Di qui a ipotizzare una divergenza o perfino un conflitto, il passo è troppo lungo. La Cina sta pagando un prezzo per il conflitto lanciato da Putin, e la conseguenza più probabile è che… alzerà il prezzo del suo appoggio alla Russia.

Nella telefonata con cui Putin ha reso ufficiale il suo invito a Mosca, il leader russo ha detto che «di fronte alle crescenti tensioni geopolitiche, il significato della partnership strategica tra le nostre due nazioni si rafforza come un fattore di stabilità». Putin ha espresso il suo desiderio di aumentare la cooperazione militare con Pechino. Ha aggiunto che si aspetta di ricevere Xi al Cremlino in questa primavera. Questo viaggio, ha detto, «dimostrerà al mondo intero la forza dei legami russo-cinesi su questioni cruciali, e diventerà l’evento politico più importante dell’anno».

Il leader cinese, nella traduzione che è stata fornita della sua risposta, ha usato termini più negativi per descrivere la situazione internazionale: l’ha definita «difficile e tutt’altro che semplice«. Ma si è detto pronto a sua volta «ad aumentare la cooperazione strategica con la Russia».


La posizione di Putin è limpida: l’appoggio di Pechino gli è diventato indispensabile, dopo le sanzioni economiche dell’Occidente. Senza il proficuo rapporto commerciale e finanziario con la Repubblica Popolare, l’armata russa non avrebbe i mezzi per affrontare un conflitto prolungato. Anche sul fronte diplomatico, il ruolo della superpotenza asiatica è essenziale. La Cina è membro permanente del Consiglio di sicurezza Onu e ha sempre evitato che la Russia venisse condannata in quella sede; inoltre l’influenza che Pechino esercita verso i paesi emergenti è preziosa per salvare Putin dall’isolamento. L’esistenza di un asse sino-russo ha un peso considerevole verso il Terzo mondo, dal Golfo Persico all’Africa all’America latina. Ciò che il presidente russo si attende dal summit bilaterale di primavera, è che Xi varchi anche l’ultima «linea rossa», cioè accetti di fornire apertamente aiuti anche militari per prolungare l’aggressione all’Ucraina. Putin sta ricevendo molto dal suo partner più forte, ed ha molto da chiedere. Che cosa offre in cambio? Non poco, per la verità: con la sua offensiva in Ucraina, sta «distraendo» la grande rivale della Cina, risucchia l’attenzione e le risorse dell’America verso l’Europa, costringe la Nato a occuparsi in prevalenza del conflitto in corso.


La posizione di Xi è più complessa rispetto a quella di Putin. La Cina ha un’economia dieci volte più ricca di quella russa, e molto più legata ai mercati occidentali. Il 2022 potrebbe chiudersi con una crescita del Pil cinese di poco superiore al 4%, un risultato che ha del miracoloso nelle circostanze attuali: cioè visti i danni della guerra, del caro-energia, delle restrizioni da Covid smantellate solo di recente. Quella crescita sarebbe stata impossibile senza le esportazioni cinesi verso l’Occidente. La ragione per cui Xi finora ha evitato di fornire armi a Mosca – almeno apertamente (c’è la Corea del Nord come canale per farlo di nascosto) – è che non vuole finire nel mirino di sanzioni americane ed europee. La Repubblica Popolare ha interesse a estrarre il massimo vantaggio dai suoi rapporti con l’Occidente, che negli ultimi trent’anni le hanno consentito un formidabile decollo economico. L’esercizio di alto equilibrismo che Xi intende continuare è proprio questo: accelerare il nostro declino, ma senza rompere i rapporti con noi (come invece ha fatto Putin).


Il comportamento della Cina negli oltre dieci mesi del conflitto ucraino ha sempre seguito questo copione. Il linguaggio della sua diplomazia continua a difendere il principio della sovranità; ma si è ben guardata dal condannare l’invasione di uno Stato sovrano come l’Ucraina. La propaganda cinese parla di pace, ma non perde occasione per avallare la narrazione di Putin: tutto ciò che accade in ultima istanza sarebbe colpa della Nato. Le uniche prese di distanza di qualche rilievo sono avvenute in due casi: quest’estate al vertice di Samarcanda tra Putin e Xi, quando al leader russo è stato richiesto di prendere atto che esistono «preoccupazioni» cinesi sulla guerra. Poi in autunno in occasione della visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Pechino, quando Xi ha ribadito la sua condanna verso l’uso dell’arma nucleare. Da questi due segnali qualcuno in Occidente ha tratto conclusioni troppo ottimiste fino a ipotizzare un ruolo della Cina come mediatrice di pace.


Ma le «preoccupazioni» sulla guerra non hanno impedito che la Cina aumentasse del 50% le sue importazioni dalla Russia, compensando così buona parte dell’impatto delle sanzioni occidentali. L’asse economico Mosca-Pechino continua a rafforzarsi: per esempio con il lento e graduale sviluppo del sistema di pagamenti sino-centrico che tenta di porsi come l’alternativa al Swift americano-centrico. Nel lungo periodo è evidente che questo trasformerà la Russia in una colonia cinese, ed è quindi un buon investimento per Xi. Le aree di tensione tra le due superpotenze anti-occidentali esistono – perfino le rivalità, in Africa e ancor più in Asia centrale – ma sono secondarie rispetto alle convergenze. In quanto al nucleare, è tutt’altro che sicuro che l’uso di armi atomiche tattiche da parte di Putin – per quanto sgradito a Xi – spezzerebbe davvero la partnership. L’intesa fra i due ha acquisito anche una dimensione personale, che è molto importante.


Nella psiche dei due autocrati, ambedue dediti a diffondere il «culto della personalità» nei rispettivi paesi, l’amicizia ha un peso reale. E soprattutto, per Xi la guerra che Putin ha scatenato ha dei costi pesanti e comporta dei rischi, ma accelera il corso della storia verso lo happy ending più desiderato: la fine dell’ordine internazionale costruito dagli americani. Lo scenario più probabile vede quindi la Cina sempre impegnata ad aiutare la Russia senza compromettersi troppo verso l’Occidente. La superiorità soverchiante dell’economia cinese su quella russa si tradurrà in un potere contrattuale sempre più forte; da esercitare per esempio nei negoziati sui prezzi dell’energia, tanto più che i price cap introdotti da Usa-Ue su gas e petrolio possono tradursi in corposi risparmi anche per un’economia energivora come quella di Pechino.


La visita di primavera di Xi a Mosca sarà davvero «l’evento politico dell’anno» come spera Putin? Solo se Xi dovesse uscire allo scoperto dalla sua ambiguità sugli aiuti militari. Per adesso non ci sono segnali che voglia compiere un passo così gravido di conseguenze. E la primavera essendo ancora lontana, un peso lo avrà anche il bilancio dei combattimenti in Ucraina nei prossimi tre mesi.

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