Commentary on Political Economy

Tuesday 31 January 2023

 

La Germania è nuovamente isolata

Finalmente Olaf Scholz ha ceduto alle pressioni di inviare i carri armati Leopard 2 in Ucraina. Ma non pensate, per un solo istante, che abbia cambiato posizione. Il cancelliere tedesco si limita a fare quel minimo strettamente indispensabile che consente alla Germania di fingersi un membro fidato dell’alleanza atlantica. Al proprio elettorato, e al resto del mondo, Olaf Scholz manda forti e chiari segnali della sua riluttanza a intervenire come partner attivo della coalizione occidentale. Già prevedo il ripetersi del medesimo schema allorché si dovrà discutere del prossimo invio di carri armati, oppure quando si tratterà di aerei da combattimento.

Da più parti si levano voci che accusano Scholz di voler sostenere subdolamente la Russia, mentre finge di aiutare l’Ucraina. Ma nessuno può sapere con certezza quel che frulla nella testa di Scholz. Non sappiamo se mente, se persegue un’agenda segreta, o se il suo comportamento è dettato semplicemente da debolezza e incoerenza. Tuttavia, nel caso in cui parole e azioni non combaciano, la reazione più ragionevole è appunto quella di pensare al peggio. Ciò che ormai si sa con sicurezza, è che Olaf Scholz è un alleato inaffidabile.

Dalla prospettiva della politica interna tedesca, però, gli eventi in corso si prestano a una lettura diversa. I media tedeschi confermano che esistono difficoltà di comunicazione tra Scholz e la nazione, anche se non si dilungano sufficientemente sull’isolamento diplomatico che oggi grava sulla Germania. Sin dai tempi della guerra fredda, il paese ha adottato un atteggiamento di immobilismo e ambivalenza davanti ai conflitti internazionali. Non si tratta soltanto di una preferenza politica, bensì di una strategia affaristica. Scholz e il suo partito SPD sono i principali rappresentanti di quello che io definisco il modello neo-mercantilistico della Germania, che punta ad accumulare le eccedenze d’esportazione, e definisce e condiziona la politica estera del paese. Angela Merkel ha incarnato la massima espressione del periodo neo-mercantilistico. E con un colpo davvero magistrale, ha orchestrato la sua uscita dalla scena politica quando questa fase è giunta a termine.

Olaf Scholz, che agisce nel solco della stessa tradizione, non è stato altrettanto fortunato. Molte aziende tedesche hanno fatto investimenti strategici in Russia, imbastendo amicizie a rapporti personali con i russi. Ho saputo che i capi d’industria tedeschi puntano tutto su Scholz e spingono per un accordo di pace tra Russia e Ucraina, a qualsiasi costo. L’ultima cosa che si augurano è proprio una vittoria dell’Ucraina con l’ausilio degli armamenti tedeschi. Sarebbero felicissimi di sottoscrivere accordi vergognosi pur di ripristinare i rapporti russo-tedeschi del periodo antebellico, intascando al contempo i più ghiotti contratti commerciali per la ricostruzione dell’Ucraina. In linea con la tradizione, aspirano a fare affari lucrativi con entrambe le parti, come già facevano in passato. Il problema, per loro, è che il governo tedesco non ha il potere di decidere l’esito della guerra.

In passato, ho definito i rapporti russo-tedeschi come la più efficace collaborazione strategica di tutta Europa, più strategica ancora di qualunque accordo bilaterale in vigore all’interno dell’Unione europea, compreso quello tra Germania e Francia. I rapporti russo-tedeschi vantano una lunga storia. Sotto il profilo culturale, Berlino si sente più vicina a Mosca che a Londra o Parigi. L’unica e più intensa amicizia politica di Gerhard Schröder, l’ex cancelliere tedesco, è stata con Vladimir Putin. Le loro famiglie andavano in vacanza insieme. I rapporti sono stati meno personali sotto Angela Merkel, eppure i legami commerciali si sono irrobustiti durante la sua lunga permanenza in carica, basti pensare ai due gasdotti Nord Stream e agli innumerevoli accordi commerciali bilaterali siglati. Il forum economico di San Pietroburgo era un evento annuale, in stile Davos, sponsorizzato dalle elite commerciali e politiche di Russia e Germania.

Tutto questo, però, è finito bruscamente quando la Russia ha invaso l’Ucraina lo scorso febbraio. In risposta, Scholz ha fermato i lavori sul gasdotto Nord Stream 2, promettendo un cambiamento nella politica tedesca sulla sicurezza. Ma, all’atto pratico, non si è visto nulla. Nel corso dell’anno passato, sono filtrate indiscrezioni sul veto opposto dal suo gabinetto alla consegna di armi all’Ucraina. Tutta la saga del Nord Stream 2 ha creato una spaccatura tra la Germania e i paesi dell’Europa orientale, assai più desiderosi di aiutare l’Ucraina. I rapporti bilaterali tra la Germania e questi paesi non sono mai stati così travagliati come in quest’ultimo periodo.

Anche gli Stati Uniti si sono irritati davanti alla maldestra diplomazia della Germania. Per di più, Scholz è riuscito a inimicarsi la Francia, il principale alleato della Germania in Europa. Con ogni probabilità, questa frattura è ben più grave dell’altra.

Un anno fa, Olaf Scholz aveva stanziato un tesoretto da 100 miliardi di euro per la difesa, per sopperire ai mancati investimenti nel decennio precedente. Emmanuel Macron ha pensato, erroneamente, che questi stanziamenti avrebbero contribuito a mettere in piedi un programma comune di difesa europea. Ma non è stato così. Scholz ha deciso di acquistare i missili israeliani Arrow 3 per un sistema europeo di difesa aerea, e aerei da combattimento americani Lockheed F-35. Angela Merkel era d’accordo con l’idea di Macron per un’autonomia strategica europea, staccata dagli Stati Uniti, benchè non abbia mai speso la minima parte del suo capitale politico per spingere in questo senso. Olaf Scholz non nutre alcun interesse per questo progetto, e non lo nasconde.

A mio avviso, l’attuale atteggiamento di Macron verso la Germania nasce da un’incomprensione di fondo: non è più la Germania che credeva di conoscere. Spesso ho osservato che francesi e tedeschi tendono ad avere una visione idealizzata gli uni degli altri. Domenica scorsa, Francia e Germania hanno festeggiato il sessantesimo anniversario del trattato dell’Eliseo, che suggella un patto di amicizia bilaterale. Tutti hanno partecipato alle celebrazioni, sebbene la realtà politica non sia mai stata più distante da quelle belle immagini di facciata. È possibile, ovviamente, che Scholz prima o poi lascerà il posto a qualcuno che sia disposto a investire maggiormente nei rapporti con la Francia e con l’Europa orientale. Ma allora Macron non sarà più in carica. Non sorprende perciò che il presidente francese stia riscoprendo, a guisa di antidoto, i legami con l’Inghilterra e la Spagna.

Le conseguenze dell’allontanamento diplomatico tra Francia e Germania riecheggiano nel rafforzamento delle politiche nazionali in tutti i paesi europei. Se anche la Francia dovesse ripiegarsi sul nazionalismo, Marine Le Pen ne sarebbe avvantaggiata. La sua ostilità nei confronti dell’Unione europea è pari solo alla sua animosità verso la Germania. Se dovesse succedere a Macron alla presidenza del paese, non è difficile immaginare un’alleanza politica tra i governi di destra in tutta Europa che si definiscono in base all’opposizione contro la Germania.

Per la Germania, e l’Unione europea, sarebbe questo un vero e proprio disastro geopolitico, che nessuno poteva prevedere. Dopo il primo anno al timone della Germania, Olaf Scholz si lascia alle spalle una lunga scia di promesse non mantenute e di amicizie tradite.

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