Commentary on Political Economy

Tuesday 28 September 2021

WOLFGANG MUNCHAU ON INFLATED EXCUSES

 Come smentire l’inflazione in cinque tappe

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di Wolfgang Münchau

28 settembre 2021

Il rifiuto della realtà, in fatto di inflazione, si presenta in cinque fasi distinte, e le banche centrali hanno da tempo superato la prima


Qui non si discute se l’inflazione risalirà oppure no. Ci sono motivi validi per credere che questo potrebbe accadere, anche se non tutti gli analisti più ragionevoli si dichiarano d’accordo. Il mio articolo si propone di segnalare quali sono i preconcetti cognitivi che rischiano di pregiudicare la capacità delle banche centrali di individuare i rischi di inflazione.


Come per le ben note cinque fasi nell’elaborazione del lutto, esistono anche cinque fasi nel diniego dell’inflazione. Non abbiamo ancora raggiunto il quinto, e forse non lo raggiungeremo mai. Si può affermare, tuttavia, che ci siamo già lasciati alle spalle la prima e la seconda fase, specie da parte di alcuni membri del consiglio direttivo della Banca centrale europea e di uno stuolo incalcolabile di economisti.


La prima fase riguarda l’asimmetria. La BCE ha fissato di recente un obiettivo simmetrico di inflazione, benché la mente umana faccia fatica ad afferrare il concetto di simmetria. Per fare un esempio, Isabel Schnabel, membro del consiglio direttivo della BCE, ha affermato di recente che sarebbe peggio imporre restrizioni troppo in anticipo, anziché eccessivamente in ritardo. Noi sappiamo, ovviamente, che la BCE è ancora pesantemente traumatizzata dalle contrazioni premature che ebbero luogo nel 2008 e nel 2011. Molte banche centrali, tra le quali la BCE, si sono date un target d’inflazione del 2 percento. Simmetria significa che il 3 percento è grave quanto l’1 percento, e il 4 percento è da evitare come lo 0 percento. Se ne deduce allora che sbagliare in una direzione equivale a sbagliare anche nell’altra. E pertanto dovremmo restare indifferenti sia davanti a una contrazione prematura che ad un intervento troppo diluito nel tempo.


Se pensate di preferire il primo al secondo, siete asimmetrici. Non avete fatto altro che sostituire la distorsione verso il basso del periodo precedente con l’attuale deviazione verso l’alto. Ricordiamo che la simmetria non è la somma di due asimmetrie. La seconda, delle cinque tappe del diniego, è rappresentata da uno scostamento nella definizione di inflazione. L’obiettivo della BCE rappresenta l’indice armonizzato dei prezzi al consumo. Ma la banca centrale in questo momento ha aggiunto formalmente l’inflazione di base, cosiddetta «core», al suo quadro analitico, cosa che, a mio avviso, è perfettamente giustificata. Ma attenzione a spingersi oltre. Negli Stati Uniti, gli economisti parlano già di inflazione «core core». Se si tolgono dall’indice tutti i beni soggetti ad aumenti di prezzo, come le macchine usate, la stabilità dei prezzi finirà col somigliare a un miraggio statistico.


La terza fase prevede un cambiamento di strategia, spesso camuffato dal gergo tecnico. Il target di inflazione media fissato dalla Federal Reserve ricade in questa categoria. Per fortuna la BCE ha scansato il colpo, nella sua recente revisione strategica, eppure temo che alcuni membri del consiglio direttivo stiano ancora puntando in quella direzione. Fissare un target di inflazione media, se applicato su un periodo sufficientemente protratto, equivale a fissare un obiettivo di livello dei prezzi, per i quali la banca centrale registra un indice. Così facendo, riesce a rettificare gli errori del passato. Ma ci sono buoni motivi per dissuadere le banche centrali dal proseguire su questa strada. La principale consiste nel problema dello specchietto retrovisore: la vostra politica, per definizione, è orientata all’indietro.


Il diniego dell’inflazione raggiunge il quarto stadio quando le fasi da uno a tre sono andate a vuoto e l’inflazione è cresciuta, su qualsiasi parametro, a prescindere da come la si guarda. A quel punto, si fa finta che l’inflazione sia un fenomeno temporaneo e soggetto ad auto-correzione. La settimana scorsa, i membri del consiglio direttivo della BCE hanno più volte menzionato la curva «a gobba» dell’inflazione. Ma attenzione: ogni periodo inflazionistico nel passato ha esordito con un avvenimento che, sulle prime, è parso un ostacolo transitorio, come la crisi mondiale del petrolio negli anni Settanta del secolo scorso. Capire l’inflazione significa capire come l’economia deve adattarsi per assorbire gli scossoni. Sfortunatamente, le banche centrali si affidano a modelli economici che, di per sé, non hanno la minima idea di come si propagano queste onde d’urto.


La fase finale della negazione dell’inflazione si verifica quando questa è aumentata e si è rivelata perdurante. A quel punto, i negazionisti dell’inflazione si affrettano a cambiare narrativa: è meglio un 10 percento di inflazione che un 10 percento di disoccupazione. Ovviamente, è quello che pensavano sin dall’inizio, ma senza avere il coraggio di ammetterlo.


Per alcune banche centrali l’ideale sarebbe un’inflazione bassissima o addirittura nulla. E ci sono quelle che credono fermamente che l’inflazione non debba mai scendere sotto una soglia minima. Falchi e colombe. E né gli uni né le altre sono simmetrici. La simmetria è davvero un osso duro. È inoltre una merce rarissima da reperire tra le banche centrali.


Personalmente, mi sforzo di mantenere la mente aperta sulla questione dell’inflazione: risalirà o scenderà? Ciò che mi preoccupa non è tanto l’aumento dell’inflazione, bensì quello che faranno, o non faranno, le banche centrali nel caso dovesse riprendere a puntare verso l’alto.

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