La stanchezza (e la viltà) sull’Ucraina
Ma si può mandare tutto in malora solo per una questione di principio?
Diciamo la verità, non c’è voluto molto, neppure un gran coraggio, a scommettere a suo tempo contro l’Occidente. Tanto meno c’è stato bisogno di un gran fiuto politico a prevedere che, passato il primo momento di emozione e di entusiasmo, le opinioni pubbliche dei Paesi della Nato e i rispettivi governi si sarebbero più o meno rapidamente stancati di aiutare l’Ucraina a resistere all’invasione russa.
A prevedere che ci saremmo stancati di gettare miliardi nella fornace di una guerra apparentemente così lontana da noi, sottraendoli alle necessità del nostro livello di consumi e di benessere. Che ci saremmo stancati di metterci contro mezzo mondo rischiando anche i nostri affari pur di non accettare che cambiassero padrone alcuni territori lontani che nessuno di noi neppure sapeva dove fossero. Facile prevedere che noi europei sempre così amanti della «pace» e dell’«amicizia dei popoli», prima o poi ci saremmo stufati di dover dire di sì alle continue richieste dal tono vagamente ricattatorio di sempre nuovi soldi e nuove armi avanzate da un bizzarro personaggio in maglietta verde che sembrava considerarci quasi una sorta di bancomat a sua disposizione. Insomma va bene la questione di principio, l’aggressione che non deve pagare e tutto il resto: ma si può andare in malora solo per una questione di principio?
Eppure c’è un che di maramaldesco e vorrei aggiungere di impudico nel tono compiaciuto di tutti quelli che adesso a proposito di quella guerra dicono e scrivono: ve l’avevamo detto che era meglio lasciar perdere, che l’impegno richiesto era troppo superiore alle nostre, o meglio vostre, capacità e volontà. È il tono da Maramaldo di chi non nasconde la propria soddisfazione perché alla fine ha vinto il più forte, ed è l’impudicizia di chi è tutto contento per la conferma che alla fine tra gli esseri umani la viltà ha sempre la meglio: in questo caso – vogliamo dirlo ? – la nostra viltà.
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