Commentary on Political Economy

Tuesday 12 March 2024

 

La zona di Sabrina | Il Caffè di Massimo Gramellini

Pazienza per Ceccherini, ma ci si è messa pure Sabrina Ferilli, una che sembrava allergica ai luoghi comuni. Alla vigilia della cerimonia degli Oscar ha scritto: «Se dovesse vincere La zona di interesse, so perché vincerebbe, non certo perché è un film migliore di Io capitano», Allora ce lo dica, signora Ferilli, visto che lo sa. Tiro a indovinare: perché parla della Shoah e a Hollywood la lobby ebraica la fa da padrona; basta che uno ambienti il suo film nei dintorni di Auschwitz e le statuette gliele tirano dietro, mentre un racconto sui migranti come quello di Garrone non gode di protezioni in alto loco.

Le ho letto nel pensiero? Spero di no, ma i pregiudizi sono così prevedibili. Immagino ne abbia messo al corrente il suo collega Roberto Benigni, che vinse l’Oscar nel 1999 con La vita è bella e già all’epoca gli addetti ai livori lasciarono intendere che ambientare la storia in un campo di concentramento era stata una furbata per sedurre la famosa lobby. Certo, vedere un film prima di giudicarlo in certi casi aiuta. Si scoprirebbe che La zona di interesse non è un film sugli ebrei, come sostiene l’arguto Ceccherini, ma su una famiglia che vive a ridosso di un lager senza curarsene. Racconta la miopia del nostro sguardo, la meschineria di chi non alza mai la testa dalle proprie rassicuranti certezze. Insomma, più che un film «sugli ebrei», è un film su chi pensa che La zona di interesse abbia vinto perché parla di ebrei.

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12 marzo 2024, 06:41 - modifica il 12 marzo 2024 | 08:13

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