Commentary on Political Economy

Monday 11 March 2024

MISERABLE HAMAS DOGS MEET THEIR FATE

 

Colpito bunker di Hamas a Gaza, Israele: forse ucciso il numero tre, Marwan “l’ombra”

Israele colpisce il bunker di Hamas a Gaza e cerca conferme sulla morte del numero tre
I chioschi allestiti per il Ramadan tra le macerie di in una strada di Al Nusairat (Epa)
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Netanyahu conferma l’eliminazione di un leader dei terroristi a Beirut. Gli Usa cercano la via per una pausa nel conflitto per il Ramadan

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Rivendica l’uccisione del numero 4, mentre l’esercito cerca conferme sulla morte del numero 3. Benjamin Netanyahu appare in video per attribuire a un’operazione israeliana — quasi nessuno aveva dubbi — l’eliminazione di Saleh Al Arouri a Beirut agli inizi di gennaio.

Il primo ministro minaccia i vertici di Hamas — «li troveremo, sono tutti morti» — su fino a Yahya Sinwar, il pianificatore dei massacri perpetrati il 7 ottobre e l’intelligence prova a stabilire se i missili tirati dalle parti del campo rifugiati Nusseirat abbiano ucciso Marwan Issa, il vicecomandante dell’organizzazione. Soprannominato l’«0mbra» per la capacità di sfuggire alle ricerche degli israeliani, il suo superiore — Mohammed Deif — è il Fantasma, rimasto più morto che vivo in un paio di tentativi, sarebbe su una sedia a rotelle. L’attacco avrebbe bersagliato Issa nel bunker in cui si nascondeva, 5 palestinesi sono stati ammazzati, i portavoce militari precisano di aver prima verificato «che con lui non ci fossero ostaggi».

Netanyahu ha bisogno di poter mostrare che la «vittoria totale» — è diventato il suo slogan — sia possibile, sia raggiungibile anche se l’appoggio dell’alleato più importante vacilla. In un’intervista all’emittente Fox News avverte che «esibire disaccordi non aiuta a sconfiggere Hamas». Joe Biden sarebbe però pronto a trasformare le critiche — «Bibi sta facendo più male che bene a Israele» — in fatti e ridurre le forniture di armamenti nel caso il primo ministro dovesse ordinare l’offensiva su Rafah, la città dove ormai è ammassato oltre l’85 per cento della popolazione e dove secondo i generali sono arroccati gli ultimi 4 battaglioni di Hamas. «Il presidente ha una relazione costruttiva e produttiva con il premier che va avanti da decenni», dice Olivia Dalton, tra i portavoce alla Casa Bianca. Ma ribadisce: «Il numero di vittime civili è inaccettabile e riteniamo che nessuna operazione debba svolgersi a Rafah senza un piano per l’evacuazione degli abitanti».

Gli americani sperano ancora di ottenere una pausa di pochi giorni nei combattimenti, legata al Ramadan, che permetta di riprendere i negoziati per una tregua e lo scambio tra ostaggi ancora tenuti a Gaza (un centinaio sarebbe in vita) e detenuti palestinesi. Continuano assieme ad altri Paesi le missioni per paracadutare pacchi di aiuti sulla Striscia, i palestinesi uccisi hanno superato i 31 mila, nel nord devastato e in macerie 27 persone — dichiara il ministero della Sanità — sono morte per malnutrizione.

Hamas, che spadroneggia sui 363 chilometri da quando nel 2007 ne ha tolto il controllo con le armi all’Autorità palestinese, avverte che la distribuzione di cibo, medicinali, materiali attraverso il porto flottante progettato dagli Stati Uniti può avvenire solo attraverso l’organizzazione. E minaccia i clan locali che gli israeliani stanno cercando di reclutare perché facciano da scorta ai convogli umanitari: «Non tollereremo alcun tradimento».

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