Commentary on Political Economy

Tuesday 8 March 2022

 XI JIN THE PIG SURRENDERS! THROWS IN THE TOWEL AND OFFERS TO MUZZLE PUTIN!


La Cina è entrata in campo per fermare la guerra tra Russia e Ucraina

La Cina è entrata in campo  per fermare la guerra tra Russia e Ucraina

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE DA PECHINO — Deve muoversi la Cina, ripetono da giorni politici europei e politologi. E per comprendere se Xi Jinping sia disposto a impegnarsi per fermare la guerra, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz questa mattina lo hanno chiamato.

Già il fatto che ci sia stato un video-summit è di rilievo, perché finora Xi non aveva avuto alcun confronto con leader occidentali: unico suo contatto diretto con il mondo esterno quello del 26 febbraio, una telefonata a Vladimir Putin, «l’amico del cuore» con il quale ha stretto «un’alleanza senza limiti».

La tv di Pechino è stata la prima a riferire qualche virgolettato del colloquio: Xi ha detto a Macron e Scholz di essere «disposto a coordinarsi con loro e con l’Europa sulla situazione in Ucraina».

È qualcosa in più rispetto ai poco convinti appelli cinesi a fermare gli scontri, ripetuti in questi giorni dal ministro degli Esteri Wang Yi, che ha continuato a definire «saldi come la roccia» i rapporti Cina-Russia.

Due passaggi della posizione di Xi sono stati messi in risalto dalla versione cinese:
1) «L’apprezzamento per lo sforzo di mediazione di Francia e Germania al quale la Cina è pronta ad aggiungere il proprio ruolo attivo per sostenere insieme i colloqui di pace tra Russia e Ucraina».

2) «Lavorare insieme per ridurre l’impatto negativo delle sanzioni, che danneggiano la stabilità della finanza globale, dell’energia, dei trasporti e delle catene di approvvigionamento».

La Cina è da sempre contraria alle sanzioni internazionali, lo ha ripetuto anche in questa crisi definendole «illegali». Ma il modo in cui ne ha parlato Xi con Macron e Scholz potrebbe essere quasi una ipotesi di mediazionese avesse già in mano qualcosa da offrire a Putin (e a sé stesso), il leader cinese potrebbe forse muoversi per suggerire una via d’uscita onorevole al Cremlino?

Ma che cosa potrebbe proporre al leader ucraino Zelensky assediato a Kiev?

Da giorni Xi Jinping viene indicato come il possibile grande mediatore.

«Non c’è alternativa, non possiamo essere noi europei, né gli Stati Uniti... Xi Jinping ha una carta da giocare», ha detto esplicitamente Josep Borrell, alto rappresentante per la politica estera europea.

Vediamo punti a favore e contro l’auspicato intervento diplomatico della Cina.

1) Un mediatore dev’essere imparziale? È evidente che la Cina di Xi sostiene la Russia di Putin, anche se fu rapidissima a riconoscere l’indipendenza dell’Ucraina nel 1992, inserendosi nel vuoto di potere lasciato dalla disintegrazione dell’Urss. Da allora Kiev ha trovato in Pechino il primo partner commerciale. Però, quando è neutrale, la leadership cinese non si interessa davvero alle crisi (vedi la questione palestinese per la quale ha organizzato incontri di basso livello e improduttivi). La diplomazia cinese è più efficace quando può premere sui «clientes» (Nord Corea e Myanmar, anche il Pakistan). Si muove quando ha un interesse nazionale da difendere. Quindi, volendo, Xi potrebbe premere su Putin, senza smentire l’alleanza «priva di limiti» che ha proclamato il 4 febbraio.

2) Xi ha fatto la sua scommessa (ha puntato sulla «partnership strategica salda come la roccia» con Putin) prevedendo anche un prezzo da pagare. Intanto ha spostato la concentrazione americana dall’Asia al cuore dell’Europa, a migliaia di chilometri da Hong Kong e Taiwan. Finora, le dichiarazioni di Pechino sulla necessità di fermare la strage, la sua astensione nei voti di all’Onu sono solo piccoli aggiustamenti, una coltrina fumogena.

3) Senza dubbio, un conflitto lungo con il suo effetto domino destabilizzante per l’economia globalizzata preoccupa la Cina. Xi potrebbe avere presto interesse a consigliare una via d’uscita a Putin (e a promettere magari aiuti per la ricostruzione a Kiev).

Il vero problema, che non lascia grandi spiragli a un’ipotesi di mediazione cinese efficace tra Russia e Ucraina, è che la Cina non ha esperienza di crisi europee non ha segnalato alcuna volontà di collaborare con gli Stati Uniti in questo fronte di guerra (anzi, gli americani sostengono di aver passato ai cinesi già a novembre fonti di intelligence che mostravano i preparativi russi di guerra, nella speranza che Pechino dissuadesse Mosca; invece, i cinesi avrebbero passato il materiale ai russi, pensando di trovarsi di fronte a una manovra destabilizzante di Washington).

4) Non si può dimenticare che l’avventurismo di Putin in Ucraina era già ben delineato quando il 4 febbraio Xi lo ha incontrato (per la 38esima volta) a Pechino e ha sottoscritto con lui un documento di oltre 5.000 parole per proclamare che l’alleanza tra Cina e Russia «è senza limiti, in ogni campo» e denunciare l’avversario comune: Stati Uniti e Nato. Ci si chiede se Putin quel giorno avesse già informato «l’amico» del suo piano dettagliato di invasione. In quel caso Xi stava promettendogli complicità politica. Altrimenti, si è fatto giocare. Più plausibilmente, la verità è nel mezzo: Putin pensava di poter chiudere la partita in Ucraina con un’operazione lampo e Xi ha pensato che mirasse solo all’annessione di Donbass e Luhansk.

5) Le cose sul campo stanno andando in modo diverso. Non c’è da illudersi in un ripensamento clamoroso di Xi sull’alleanza strategica con la Russia: si smentirebbe e presterebbe il fianco agli avversari interni proprio alla vigilia del Congresso del Partito comunista che in autunno è chiamato a confermarlo al potere per altri cinque anni. Ma un «beau geste» diplomatico permetterebbe al presidente cinese di ripulire la sua credibilità internazionale.

Questi sono ragionamenti «logici». Purtroppo, l’avventurismo di Putin e la visione di lungo periodo di Xi non lasciano molto spazio alle analisi razionali.

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