Netanyahu: «Risponderemo». Nel mirino dell’eventuale contrattacco i centri dove l’Iran sta sviluppando l'atomica
Le proteste del sabato
Allo stesso tempo i dimostranti sono scesi in strada a Tel Aviv come ogni sabato. A migliaia — ben più di quelli che da stamattina possono riunirsi — chiedono le dimissioni del primo ministro che in contemporanea diffonde alla nazione un video registrato:«Cittadini, sono anni che ci prepariamo a questo momento e siamo pronti. Lo Stato di Israele è forte, le forze armate sono forti, voi siete forti. Risponderemo».
Video:Netanyahu: «Israele è forte, siamo pronti a ogni scenario»
Sulla minaccia iraniana, sulla sfida anche diplomatica per impedire che gli ayatollah ottengano la bomba atomica il premier più longevo ha modellato la carriera politica e l’aspirazione esistenziale.
I massacri perpetrati da Hamas il 7 ottobre ne hanno infranto l’immagine di «Mr. Sicurezza», lo slogan scelto per le tante campagne elettorali vinte. È al potere da 15 anni, salvo i 563 giorni passati all’opposizione tra il 2019 e il 2021 che ha usato per scrivere l’autobiografia «Bibi — La mia storia». In cui critica i vertici del Mossad e dell’esercito (non lo nomina ma il capo di Stato maggiore era allora Benny Gantz che in queste ore è riunito con lui nel consiglio di sicurezza ristretto) proprio per avergli impedito di bombardare i centri nucleari sviluppati da Teheran: «Troppo preoccupati dai rischi», dice.
Sono questi siti — hanno lasciato trapelare fonti militari — i primi obiettivi dell’eventuale contrattacco israeliano.
Il rumore nel cielo
La «guerra delle ombre» combattuta in questi anni tra i due nemici — tra cyberattacchi, attentati e omicidi mirati — esce dall’oscurità e diventa per la prima volta scontro diretto.
Anche se i velivoli kamikaze devono attraversare lo spazio aereo dell’Iraq e della Giordania, entrambi i Paesi lo hanno chiuso a qualsiasi volo, prima di raggiungere Israele, anche se sono solo la prima fase dell’operazione di rappresaglia per l’uccisione di un generale dei pasdaran a Damasco il primo aprile, per gli israeliani è un’offensiva lanciata direttamente dal territorio iraniano e quindi lì — ha minacciato Netanyahu — colpirà l’aviazione di Tsahal.
Il rumore da tosaerba dei droni che pattugliano il cielo sopra Tel Aviv da 190 giorni, da quando il premier ha ordinato l’offensiva contro Hamas a Gaza dopo la mattanza perpetrata dai terroristi nei villaggi a sud, ieri si è intensificato. I motori a coprire il rumore del traffico e le grida di chi vuol strappare ancora qualche minuto alla notte di festa. Prima che le sirene risuonino, prima che il «cerchio di fuoco» preconizzato da Qassem Soleimani — il comandante iraniano ucciso a Bagdad nel 2020 — si stringa ancora di più attorno a Israele.
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14 aprile 2024, 01:02 - Aggiornata il 14 aprile 2024, 02:03
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