Commentary on Political Economy

Saturday 13 April 2024

 

Il dubbio tra l'uovo o la gallina

Il dubbio tra l'uovo o la gallina
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di
Angelo Panebianco

Decidere o rinviare: il dilemma delle democrazie di fronte alle grandi scelte del nostro tempo

La tirannia del breve periodo. Ne soffrono gli aggregati umani e le democrazie più di tutti. Significa che in tanti casi non si accetta il differimento del piacere, si preferisce un uovo oggi alla gallina domani. Anche nelle situazioni in cui dovrebbe essere chiaro che mangiando tutte le uova oggi si resterà senza galline domani. E, per conseguenza, senza più uova. 

Trump impedisce, per avere un vantaggio nella campagna elettorale, che Biden mandi armi in Ucraina. Se poi tale azione ostruzionista contribuisse alla vittoria di Putin, qualche elettore ne considererebbe responsabile Trump ma il maggior danno reputazionale spetterebbe a Biden: avendo egli voluto impedire ai russi di vincere, la resa di Zelensky sarebbe una «sua» sconfitta. Trump si preoccupa del breve periodo, vuole vincere la campagna elettorale. Ma una volta conquistata la Casa Bianca, in caso di sconfitta ucraina, si troverebbe in guai seri. Dovrebbe fare i conti con il rischio che la Russia attacchi un Paese Nato, dovrebbe fronteggiare una Cina che aspetta di vedere cosa accadrà in Ucraina per decidere come comportarsi con Taiwan, dovrebbe assistere a un «fuggi fuggi generale»: quale governo potrebbe più confidare nell’appoggio degli Stati Uniti? Trump e i trumpiani puntano a un vantaggio a breve. Non si preoccupano del fatto che strappare quel vantaggio qui e ora potrebbe danneggiarli in futuro. La stessa cosa vale nel caso degli europei.

Si constata la lentezza con cui l’Unione europea affronta problemi che richiederebbero decisioni forti e immediate (sull’Ucraina, sulla difesa europea). Ma chi biasima i governi della Ue per la loro prudenza non considera che quei governi rispondono a opinioni pubbliche nazionali le quali, nelle loro componenti maggioritarie, non sembrano avere compreso la gravità del momento. Non hanno voglia di sentirsi dire che occorre mobilitare risorse ingenti — il che potrebbe incidere sul tenore di vita degli europei — per fronteggiare una situazione internazionale pericolosa. Vi sembra che, per giunta a ridosso delle elezioni europee, i governi possano sfidare le rispettive opinioni pubbliche? Nel medio-lungo termine il rinvio delle decisioni difficili potrebbe fare molto male agli europei ma è il breve termine a condizionare gli orientamenti delle opinioni pubbliche e, pertanto, le agende dei governi. È la regola a cui i più si attengono: pasteggiamo a uova oggi poiché del doman non v’è certezza. Oppure si pensi a come arriva l’informazione, per esempio televisiva, agli spettatori. E il disorientamento che provoca nei più attenti. Dapprima si descrive il finimondo: le notizie sui bombardamenti russi in Ucraina e relative conseguenze, il conflitto a Gaza, le minacce dell’Isis eccetera. Vengono intervistati esperti che spiegano al pubblico quali nefaste conseguenze avrebbero per tutti noi certi esiti delle guerre in corso. Dopo di che si cambia registro, si passa a parlare di «politica»(sic): maggioranza e opposizioni si accapigliano sul malgoverno locale, si fanno le pulci in materia di conti pubblici, eccetera. Al di là dai confini c’è il finimondo ma crediamo di poterlo lasciare fuori dall’uscio di casa.

Non è il caso di biasimare moralisticamente questi atteggiamenti applicando la regola secondo cui si accollano solo agli altri, mai a se stessi, le cattive abitudini. Preferire un uovo oggi è ciò che facciamo tutti nella nostra vita quotidiana. Solo qualche asceta sceglie il differimento del piacere. In più, siamo tutti portati a rimuovere le situazioni minacciose su cui pensiamo di non avere alcun controllo. Non ci sono solo i distratti (la maggioranza), ci sono anche gli informati, i quali, in genere, sono spaventati dalla piega che ha preso la politica internazionale. Ma poiché si ritengono impotenti di fronte a ciò, si rifugiano nel quotidiano, si aggrappano a una normalità che sperano non venga sconvolta a causa del surriscaldamento della temperatura internazionale. Tirannia del breve termine, senso di impotenza e rimozione inibiscono la domanda ai governi di lavorare seriamente per mettere l’Europa al sicuro dalle minacce.

Come se ne esce? Nello specifico, come farà l’Europa, negli anni futuri, a provvedere alla propria sicurezza? Occorrono due condizioni. La prima è che non ci siano nell’immediato scadenze elettorali importanti. Ciò può fare sì che «l’ombra del futuro sul presente si allunghi», ovvero che ci sia un lasso di tempo ragionevole per prendere decisioni impegnative e farle digerire all’opinione pubblica. Vedremo se ciò sarà possibile, superato lo scoglio delle elezioni europee. La seconda condizione è che due o tre leader europei dei Paesi che più contano siano disposti ad accollarsi il rischio di scelte impopolari. E dispongano del tempo necessario per permettere alle opinioni pubbliche di metabolizzarle.

I regimi autoritari hanno un vantaggio sulle democrazie: i loro leader non hanno i vincoli che incombono su quelli democratici, possono permettersi il lusso di subire smacchi nell’immediato contando su successi futuri. Putin, per esempio, ha scommesso sull’incapacità delle democrazie di sostenere nel lungo periodo l’Ucraina. Potrebbe vincere la scommessa se i leader occidentali non riuscissero a persuadere le opinioni pubbliche che occorre accettare qualche sacrificio oggi per ottenere un beneficio domani (allontanare la minaccia russa dall’Europa). Difficile, indubbiamente. Ma possibile. In passato, è accaduto.

12 apr 2024 | 21:09

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