Commentary on Political Economy

Friday 12 April 2024

 

Germania: è ora di parlare dell’SPD

Germania: è ora di parlare dell’SPD
Willy Brandt
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di
Wolfgang Munchau
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In questo momento l’SPD non dispone di nessuna guida, vecchia o giovane che sia, in grado di distoglierlo una volta per tutte dalle sue chimere nostalgiche

Sulla scena politica, le dispute più cariche di conseguenze sono spesso quelle che scoppiano all’interno dei partiti politici, anziché tra un partito e l’altro. In Germania, le spaccature interne sono molto rare. L’ultima, e la più memorabile, accadde nel 1959, quando il Partito Socialdemocratico (SPD) ruppe con il marxismo per trasformarsi in uno dei partiti di centrosinistra di maggior successo in Europa. Oggi l’SPD potrebbe trovarsi alle prese con un terremoto paragonabile a quello di allora, ma stavolta le forze di opposizione sono assai più temibili.

Alcuni illustri storici tedeschi, tutti membri dell’SPD, hanno scritto una lettera aperta di condanna per il rifiuto del partito di prendere le distanze da Vladimir Putin e per aver negato il sostegno all’Ucraina. Tra costoro, lo studioso più accreditato è indubbiamente Heinrich August Winkler, autore della Grande storia della Germania: un lungo cammino verso Occidente, in due volumi, che ripercorre il periodo che va dalla rivoluzione francese alla riunificazione tedesca. Il titolo dell’opera si contrappone alla traiettoria compiuta dall’SPD, dal giorno del convegno del partito, tenutosi a Bad Godesberg nel 1959. 

A cominciare dalla Ostpolitik di Willy Brandt, l’SPD ha guardato sempre di più a est, trasformandosi nel partito delle relazioni russo-tedesche. E nessuno nell’SPD ha incarnato quella tendenza meglio di Gerhard Schröder, cancelliere dal 1998 al 2005 e amico personale di Putin. Al termine del suo mandato, Schröder è diventato il principale sostenitore di Putin a Berlino. E fa ancora sentire la sua voce nei media. La settimana scorsa si è offerto come intermediario nella guerra tra Russia e Ucraina, sulla scorta dell’esperienza positiva nei rapporti di lavoro intrattenuti con Putin nel corso di molti anni. La principale caratteristica che ha sempre contraddistinto l’SPD dagli altri partiti politici di centro è stata proprio la sua dichiarata vicinanza alla Russia.

Dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, alcuni ex leader dell’SPD hanno cambiato posizione, come Sigmar Gabriel e Frank-Walter Steinmeier, il presidente tedesco. Non l’ha fatto invece il portavoce del partito nel Bundestag, Rolf Mützenich, il quale di recente ha sollevato un polverone con la proposta di “congelare la guerra in Ucraina”. Mützenich sembra suggerire che il principale ostacolo alla pace sia il sostegno occidentale all’Ucraina. Personalmente, ho più volte espresso i miei dubbi sulle probabilità che l’Ucraina riesca a liberare tutti i territori occupati, in base al volume attuale degli aiuti occidentali. Ma persino il congelamento della guerra lungo le attuali linee del fronte richiederebbe un consistente aumento di forniture militari occidentali, di gran lunga superiori a quanto Mützenich e altri socialdemocratici sono disposti a concedere. La proposta di congelare il conflitto è inoltre sintomo di un cinismo sfacciato, che mira a strumentalizzare le inquietudini di fondo che serpeggiano nella società tedesca nei confronti della Russia. 

I sondaggi sull’opinione pubblica in Germania rivelano un indebolimento del sostegno politico alla consegna di armamenti all’Ucraina, in particolare i missili a lunga gittata. Quell’elettorato politico oggi è rappresentato dal partito di estrema destra AfD e da un nuovo partito di sinistra, fondato da Sahra Wagenknecht. Nata nella Germania dell’est, Wagenknecht è stata tra i membri di spicco della sinistra, prima di abbandonare formalmente quello schieramento lo scorso anno. È celebre per la sua abilità oratoria sull’attuale scena politica tedesca, e può contare sulle simpatie di molti elettori dell’SPD. Mützenich e l’SPD, invece, tentano di riconquistare i consensi che il partito va perdendo a favore dei movimenti più radicali. Lo stesso Olaf Scholz non ha mai fatto parte della corrente filorussa all’interno dell’SPD. Difatti, poco dopo l’invasione russa, tenne un famoso discorso nel quale annunciò un cambiamento epocale nel panorama politico tedesco. Inizialmente, l’SPD lo ha seguito cautamente, ma adesso il partito gli volta le spalle.

Specie nella Germania orientale, tra i socialdemocratici resta viva una forte affinità culturale e politica con Mosca, e in questo momento la Germania dell’est riveste un peso politico non indifferente, difatti le uniche elezioni in programma per quest’anno riguardano tre regioni dell’est, Sassonia, Brandenburgo e Turingia, dove dominano due dei tre principali partiti, vale a dire l’AfD e il partito di Wagenknecht. Al momento l’SPD è crollato al minimo storico del 6 percento in Sassonia, appena al di sopra della soglia legale per partecipare alle elezioni.

I cinque storici di cui sopra hanno criticato le posizioni della leadership del partito su tre istanze specifiche. La prima riguarda il tergiversare sulle forniture di armamenti all’Ucraina, compreso l’atteggiamento di Scholz, ambiguo nelle dichiarazioni e poco trasparente sui processi decisionali. La seconda punta il dito contro l’incapacità dell’SPD di accettare le sue responsabilità per il fallimento della politica filorussa in Germania, in particolare il modo in cui i socialdemocratici tendono a respingere le critiche sul loro passato, affermando che nessuno avrebbe mai potuto immaginare che Putin si sarebbe comportato così. Il Putin che conoscevano era sempre stato un amico congeniale. Una simile assurdità è difficile da accettare: ricordiamo che l’SPD non ha aperto bocca sull’invasione della Georgia nel 2008, né sull’annessione della Crimea nel 2014, e nemmeno sulla lunga serie di assassinati politici, come quello di Alexei Navalny nelle ultime settimane.

Lo stato d’animo del partito è stato brillantemente riassunto da un commento di Jens Plötner, attuale consigliere di Scholz per la politica estera. Subito dopo l’invasione russa, si chiedeva infatti come sarebbero mutati i futuri rapporti tra Germania e Russia poiché, a suo avviso, nella testa di un socialdemocratico tutto ruota attorno all’asse Mosca-Berlino.

Il terzo punto sollevato dagli storici è, sotto certi aspetti, ancor più incisivo e allarmante rispetto agli altri due. Essi sostengono che l’SPD e Scholz si sono trincerati in un bunker intellettuale, rifiutando il parere degli esperti, e alimentando la cultura della disinformazione. L’ultimo esempio: l’argomentazione fittizia che la consegna dei missili Taurus all’Ucraina avrebbe implicato la presenza di truppe tedesche sul suolo ucraino. Gli esperti della sicurezza lo hanno prontamente smentito, dichiarando che non era assolutamente vero.

Quando i partiti si reinventano, ciò accade solitamente attraverso la presenza di un leader forte, con il sostegno decisivo della base elettorale. Se il compito passa invece a un gruppo di storici, è facile che l’iniziativa finisca nel nulla di fatto. In questo momento l’SPD non dispone di nessuna guida, vecchia o giovane che sia, in grado di distoglierlo una volta per tutte dalle sue chimere nostalgiche.


(Traduzione di Rita Baldassarre)

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