Commentary on Political Economy

Saturday 15 January 2022

Il dovere di essere realisti

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di Ernesto Galli della Loggia

15 gennaio 2022

Essere democratici ha sempre significato inevitabilmente essere dalla parte del futuro e del progresso, legati in un legame di coppia indissolubile. Ma rompere con il valore del passato non è rimasto senza conseguenze


Perché l’Europa è precipitata nella drammatica caduta di potenza cui assistiamo ormai da anni? E perché la stessa cosa è accaduta agli Stati Uniti? Perché si profila da tempo e in misura ognora crescente quella che potremmo definire una vera e propria crisi del potere democratico mondiale, un potere che — con l’importante eccezione di qualche dominion britannico e del Giappone — è stato e nella sostanza resta tuttora un potere euro-americano?


Le risposte in chiave economica, militare, geopolitica, si sprecano. Forse, però, dovremmo spingere lo sguardo più in profondità, oltre la dimensione della pura potenza e delle sue dinamiche. Forse dovremmo pensare che all’origine di tutto c’è qualcosa di più basilare che riguarda il modo di pensare, le idee, la mentalità. Dovremmo forse chiederci, ad esempio, se la crisi mondiale del potere democratico stia addirittura nell’idea stessa di democrazia.


«La democrazia, ha scritto Tocqueville, dà agli uomini una specie di istintivo disgusto per ciò che è antico». Sono parole che danno l’idea dell’enorme frattura che l’avvento di questo nuovo regime ha significato nelle società occidentali, innanzitutto rispetto al passato: il principio della libertà e della sovranità individuali, il potere che ne è risultato per ognuno di affermare la visione del mondo, i desideri, le opinioni, le regole sociali, che più gli andassero a genio.


È tutto questo che ha prodotto — anche a non contare le conquiste della scienza e della tecnica — un formidabile rifiuto della continuità storica, un radicale distacco dalla grigia dimensione del passato, della tradizione, e la sostituzione di tutto ciò con l’esaltante dimensione della novità, del futuro. Al prestigio del passato la democrazia ha sostituito l’attesa e il fascino del futuro, considerato in quanto tale necessariamente migliore dell’oggi e ancor più dello ieri. Ha sostituito l’idea del progresso. Fin dall’inizio essere democratici ha significato inevitabilmente essere dalla parte del futuro e del progresso, legati in un legame di coppia indissolubile.


Ma rompere con il valore — e dunque inevitabilmente anche con la conoscenza — del passato, raffigurandosi di essere all’inizio di un mondo ormai nuovo votato a un futuro sostanzialmente di progresso, non è rimasto senza conseguenze. Ha voluto dire alla lunga un effetto di enorme portata sulla mentalità delle società democratiche, sulla loro cultura politica nonché sulle élite al potere e le loro scelte, perché ha voluto dire rompere con la dimensione del realismo.


Infatti, avere confidenza con il passato e conoscerne le vicende, conoscere i multiformi casi occorsi ai popoli e agli Stati, sapere della varietà infinita delle loro sorti, del ruolo dell’imprevisto, del crollo talora repentino di idee e poteri che apparivano solidissimi, e infine della misteriosa e mutevole complessità di quanto si agita nella mente degli esseri umani (da soli o in gruppo) spingendoli all’azione, tutto ciò costituisce di per sé una straordinaria lezione di realtà. Che induce a farsi poche illusioni, a essere cauti, a stare in guardia contro la moltitudine dei pericoli sempre in agguato, a ritenere indispensabile poter contare sempre sulle proprie forze: e dunque anche ad avere una propria forza. E questo è per l’appunto il realismo, che sempre si accompagna a una vena più o meno esplicita di pessimismo.


Ma è una dimensione che alla mentalità democratica è estranea se non addirittura ripugna. Alla mentalità democratica essere realisti appare invariabilmente solo la prova di un animo malvagio.Tutte orientate al futuro e al progresso le folle e le classi dirigenti democratiche si lasciano assai difficilmente convincere a non avere uno sguardo ottimistico sul mondo. Aiutate per giunta da una cieca fiducia nella scienza, esse sono troppo compenetrate dell’idea che così come ogni desiderio o inclinazione o scelta personale sia legittima se non reca danni ad altri, che così come non esistono regole o istituzioni sociali che non possano essere mutate o cancellate dal voto di un Parlamento, allo stesso modo ad ogni problema corrisponda sempre una soluzione positiva che si tratta solo di trovare; che non ci siano conflitti incomponibili; che in qualche modo tutto possa andare per il meglio, tutto finirà per sistemarsi. È il medesimo atteggiamento psicologico all’origine della secolarizzazione di massa o del tentativo di cancellare/esorcizzare la morte dalla nostra vita individuale e sociale.


Decenni e decenni di diffusione capillare di ideologia democratica di questa fatta hanno prodotto nelle società occidentali e in particolare nelle sue élite politiche una decisa messa in mora di ogni istanza realistica, di ogni sobrio ma salutare pessimismo nella valutazione delle cose del mondo e dei suoi attori, una sorta di fiduciosa leggerezza nel trattare anche gli affari più delicati. Come è stato possibile, ad esempio, accettare a cuor leggero che la Cina entrasse nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) senza avere la garanzia che non ci mangiasse vivi o, per dirne un’altra, assistere tranquillamente alla sua occupazione di enormi parti dell’Africa? Come è stato possibile fidarsi della parola dei talebani nelle trattative di Doha consegnandogli l’Afghanistan senza colpo ferire? Come è stato possibile credere alle «primavere arabe»? Come è stato possibile credere che un giorno Al Sisi ci avrebbe fornito gentilmente l’indirizzo dei carnefici al suo servizio? O credere oggi che Putin si spaventi delle sanzioni, o che qualsiasi cosa dica l’Unione europea conti qualcosa?


Sì, è vero, negli ultimi tempi l’atmosfera ha forse cominciato a cambiare. Forse: Dio non voglia che sia quando le onde già lambiscono la tolda del Titanic.


15 gennaio 2022, 22:03 - modifica il 15 gennaio 2022 | 22:04

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