Commentary on Political Economy

Monday 10 January 2022

 TURKEY UNDER THE SULTAN ERDOGAN, THE MONSTER ASSASSIN

La denuncia della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite. Il Paese trasformato in un carcere-lager, dove si moltiplicano i suicidi. La ferocia e le bugie del dittatore-sultano

Antonio Ferrari / CorriereTv

Avevo spento la luce e mi ero imposto di tacere sulle mille porcherie che conosco, e di cui vengo costantemente informato, nella Turchia del dittatore-presidente-sultano Recep Tayyip Erdogan. Era diventata quasi un’ossessione. Ma ora non posso più tacere. Le notizie e i video che tanti coraggiosi turchi mi mandano sono davvero mostruosi. Il Paese che amo da sempre è diventato una gigantesca e feroce prigione, preambolo di morte altamente probabile. Chi finisce in carcere, oltre a violenze di ogni genere, è spinto a suicidarsi. Sono centinaia gli arrestati che hanno avuto la forza di gridare la verità e che vanno a moltiplicare il numero di coloro che preferiscono togliersi la vita, impiccandosi, piuttosto che sottostare all’infamia della spietata dittatura. Non parlo dei fatti che ho denunciato per anni. Non parlo della vendita o svendita di terre turche per arricchire l’unico padrone e i suoi accoliti. Non parlo della telefonata di Erdogan al figlio, chiedendogli di far sparire oltre 20 milioni di dollari, frutto di traffici illeciti. Non parlo del ridicolo PHD all’Università di Bologna del figlio ( oggetto di un’inchiesta giudiziaria), iscrittosi solo per poter raggiungere in fretta la Svizzera e depositare il malloppo. Non parlo dei soldi pagati ad Ankara dall’Unione europea per evitare un’invasione di profughi. Non parlo di ciò che Ankara fa nel Kurdistan contro l’Intrepida minoranza curda. Non parlo di una politica estera dissoluta. Silenzio imbarazzato su tutto. Eppure ho sempre creduto nel giornalismo vero, composto di cronaca, buona scrittura e capacità di analisi e di visione. Però credetemi. Mai avrei immaginato la catena degli orrori che mi raccontano e mi documentano. Amici magistrati, riusciti a sfuggire agli arresti, fuggono per salvarsi. Il 16 marzo di quest’anno la “Questione Giustizia” in Turchia è stata denunciata dalla Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite. Pensate che nel 2020 ben 283.000 persone erano state arrestate, per ordine di Erdogan, perché accusate di terrorismo. E pensate che all’inizio del 2021 il numero era salito a 597.783. Un lager mostruoso. Lo dico con il cuore a pezzi perché avevo creduto, all’inizio, al riformismo di Erdogan. Quando era sindaco di Istanbul e persino quando era riuscito a diventare primo ministro. Era stata un’illusione. Ho conosciuto bene il dittatore-sultano, l’ho intervistato quattro volte, oltre ad averlo ascoltato e aver discusso animatamente con lui durante alcune conferenze-stampa a Istanbul e ad Ankara. Alcune decisioni, appena eletto presidente, mi hanno sconcertato, altre mi hanno sconvolto. La porcheria che il sultano aveva inventato la notte del presunto colpo di Stato, porcheria che aveva fatto rabbrividire il mondo, era davvero troppo. Ero riuscito a scoprire, con alcune importanti telefonate, e non dal mio super controllato cellulare, che Erdogan era in vacanza. Non era in volo, chiedendo asilo politico si leader di tutta Europa. Non sarebbe tornato ad Ankara ma a Istanbul la mattina dopo, sperando che avrebbero vinto gli allocchi creduloni. Ho giocato allora, alla vigilia del mio 70mo compleanno, tutte le carte della mia credibilità. Che mai avrei sacrificata per uno scoop improbabile. Il giorno dopo ero diventato, sempre improbabilmente, un genio. Da quel momento Erdogan nella mia mente si è quasi trasformato in un criminale. Oggi eliminerei il quasi. Ogni porcheria in Turchia è possibile. E anche l’Europa, che gli vende armi dovrebbe vergognarsi. A questo proposito Giorgio Gaber cantava “Mi fa male il mondo”. Quanto è vero e quanto mi manchi, caro amico Giorgio.

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