Commentary on Political Economy

Friday 8 September 2023

Ese smentendo le previsioni che ci danno per sconfitti, pronti ad essere gettati nella pattumiera della storia, risultasse alla fine che noi occidentali abbiamo ancora più carte da giocare di quanto non si pensi? E se, anziché essere il «secolo asiatico», il XXI fosse altro: un’epoca in cui il mondo occidentale (ma allargato a democrazie extraoccidentali come il Giappone e l’India) fosse ancora il principale motore della storia? La Cina ha mostrato che il dispotismo può coniugarsi con uno sviluppo economico rapidissimo e gigantesco, tale da sconvolgere gli equilibri mondiali. C’è un però. Talvolta, per un periodo più o meno lungo, un regime dispotico (ad esempio, il Califfato arabo in età medievale) riesce a generare ricchezza. Ma se ciò di tanto in tanto accade, è difficile che possa durare molto a lungo. Prima o poi, anche le società dispotiche che hanno favorito lo sviluppo si infilano, per restarci, in una fase di involuzione e di decadenza. L’autoritarismo rientra così nella norma. La norma è che il regime dispotico soffoca la società, ne spegne la capacità di innovazione e, alla fine, la impoverisce. Capitò al Califfato arabo. Forse accadrà, prima o poi, alla Cina. Molti non hanno mai capito quale sia la formula magica che spiega il primato occidentale degli ultimi secoli. È la libertà individuale. E, con essa, la libertà di sperimentare e di innovare. Coadiuvata da istituzioni sufficientemente forti per garantire sicurezza ma non così forti da schiacciare gli individui.

Non è casuale che il processo di industrializzazione sia cominciato in Gran Bretagna. Era, per i suoi tempi, la società più libera d’Europa. Il mercato capitalistico, con tutte le sue evoluzioni, globalizzazione inclusa, è il prodotto di quella libertà. Se le società occidentali riusciranno a non sbarazzarsene, potrebbero uscire vincitrici dal braccio di ferro con le potenze autoritarie.

Naturalmente, non si può mai escludere l’eventualità di catastrofi (guerre generali, pandemie devastanti, feroci conflitti inter-etnici, eccetera). Ma se si eviteranno eventi catastrofici, allora le società occidentali potrebbero mostrare di avere più filo da tessere dei loro nemici.

Quindi possiamo essere ottimisti? Non necessariamente. Perché se è vero che il mondo occidentale ha, in linea di principio, le risorse, morali e materiali, per rintuzzare la sfida di potenze che lo considerano in decadenza, è anche vero che esso potrebbe autodistruggersi. È una celebre battuta: «Ho finalmente capito chi sono i nostri peggiori nemici. Siamo noi».

Il rischio è che le democrazie occidentali, a cominciare dal direttore d’orchestra, gli Stati Uniti, si autodistruggano causa l’affermazione di identità tribali che finirebbero per mettere fuori gioco la libertà individuale (un tema oggi molto esplorato da studiosi americani spaventati dal fenomeno Trump). Se il tribalismo dilagasse, fuori controllo, le democrazie diventerebbero illiberali. Verrebbe a mancare l’aria che serve agli individui per intraprendere e rischiare. Al dinamismo sociale subentrerebbe la stasi, alla società aperta la società chiusa.

Il tribalismo, l’irresistibile impulso a entrare in un branco e ad annegarvi la propria individualità, è una condizione naturale alimentata da millenni di evoluzione sociale. La libertà individuale e la democrazia (moderna) sono invece artifici, frutto dell’incontro fra un insieme particolare di condizioni e della casualità. Chi pensa che le democrazie occidentali siano solidissimi edifici si illude. Sono fragili, a rischio di essere travolte dalla rivincita del tribalismo.

Non sono sfidate solo dalle potenze autoritarie (che hanno imparato a sfruttare a proprio vantaggio la società aperta inondandola di fake news, notizie false, e manipolando i più fragili fra gli occidentali). Sono sfidate anche dall’interno. Effetti non previsti della rivoluzione digitale sono la segmentazione dei pubblici (entro in contatto solo con chi già la pensa come me) e l’amplificazione dei messaggi più estremisti (che catturano l’attenzione a differenza delle analisi serie e documentate). Il contrario di quel contributo a un dibattito civile e informato che un tempo gli ottimisti attribuivano allo sviluppo della Rete.

Il ritorno al tribalismo è ben rappresentato, a destra, dalle varie incarnazioni del trumpismo negli Stati Uniti e in Europa. Oppure si pensi all’islamo-goscismo, l’alleanza fra sinistrismo e islamismo, o alla cancel culture (censurare del passato tutto ciò che i fanatici ritengono incompatibile con le loro identità), un attacco tale alla cultura occidentale da fare apparire i roghi nazisti dei libri un episodio minore. Minore perché in quel caso l’attacco venne portato da un regime totalitario. Nel caso della cancel culture l’attacco si dispiega con la complicità di rispettabili Università, scuole, centri di ricerca, case editrici. È, come il trumpismo, una espressione del tribalismo. Identità politicamente corrette, di sinistra, identità politicamente scorrette, di destra. Il rischio è che coloro che non vogliono avere a che fare con nessuna delle suddette tribù, si ritrovino in netta minoranza. Grazie anche agli effetti non previsti delle nuove tecnologie, le tribù diventano sempre più forti. Ma non c’è alcun determinismo tecnologico. Perché la rinascita del tribalismo, favorita dalla rivoluzione digitale, si innesta su (ahinoi) solide precondizioni. La libertà offre agli individui grandi opportunità — ciascuno può scegliere la strada che preferisce per affermare il proprio diritto «alla ricerca della felicità» (come recita la Dichiarazione d’Indipendenza americana)— ma, per contro, lascia l’individuo solo, insicuro, gli mette addosso un senso di vulnerabilità. Anche perché sono scomparsi o indeboliti i legami comunitari che erano risultati compatibili con la libertà individuale. La tribù toglie libertà ma offre una calda coperta protettiva. Per molti è una tentazione irresistibile. Una caratteristica comune delle tribù di destra e di sinistra è che entrambe vogliono uno Stato democratico ma illiberale capace di proteggere, contro tutto e tutti, la propria identità tribale.

Non è scontato che nel tiro alla fune fra i sostenitori della libertà individuale e le tribù, la vittoria debba spettare ai primi. Ma se accadrà, sarà piacevole gettare nella pattumiera, insieme al resto delle fake news, anche la notizia del declino inevitabile della società occidentale.

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