Commentary on Political Economy

Saturday 9 September 2023

La sociologia di De Masi: dalla parte dei più deboli

La sociologia di De Masi: dalla parte dei più deboli

Domenico De Masi (1938-2023, foto Imagoeconomica)

Domenico De Masi se n’è andato sabato 9 settembre a 85 anni, in seguito a una breve ma micidiale malattia. Con lui se ne va un pezzo della sociologia italiana, un pezzo solo in parte accademico (perché Mimmo, come lo chiamavano gli amici, aveva ricoperto tutti gli incarichi universitari, fino alla presidenza della facoltà di Scienze della Comunicazione alla Sapienza di Roma), poiché si era dedicato con generosità alle analisi sul campo, diventando il maggior esperto di sociologia del lavoro.

Sarà perché, come amava ricordare, era di umili origini (era nato a Rotello in provincia di Campobasso), ma la sua sociologia è sempre stata dalla parte dei più deboli. L’impegno per combattere le disuguaglianze lo aveva fatto avvicinare al Movimento Cinque Stelle, di cui è stato per un certo periodo l’eminenza grigia. Ma le espressioni di cordoglio per la sua scomparsa giungono da tutto l’arco delle forze politiche. Lo ricordano con affetto, tra gli altri, il leader del M5S Giuseppe Conte, la segretaria del Pd Elly Schlein, il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, il ministro Adolfo Urso. Anche il presidente del Brasile Lula lo saluta con un post su X.

Pur senza ammetterlo esplicitamente, De Masi è stato l’ispiratore del reddito di cittadinanza: dietro questa idea c’è la filosofia di André Gorz, i suoi studi sul lavoro immateriale e quel concetto — persino scandaloso per il secolo scorso — di «reddito di esistenza», un compenso che spetta a tutte le persone che fanno parte della società e contribuiscono, per il fatto di esistere, alla sua continuità.

L’influenza di Gorz e del suo innovativo spirito utopistico attraversa le pagine di uno dei suoi libri più significativi, Il lavoro nel XXI secolo (Einaudi, 2018), dove De Masi ripercorre la storia del lavoro dalle origini all’epoca post-industriale, mettendo in evidenza come spesso sia stato utilizzato quale strumento di oppressione e di controllo delle masse popolari. Qui De Masi evidenzia come il lavoro — tema irrinunciabile di ogni analisi sociologica — abbia costituito l’elemento fondamentale per realizzare l’identità umana.

Un’identità messa in crisi proprio a partire dagli anni Ottanta, in cui Jeremy Rifkin preconizza la «fine del lavoro». Soprattutto la fine del lavoro materiale è responsabile di molte delle criticità odierne e di un individualismo esasperato: succede infatti che la perdita di identità nella professione debba essere compensata da forti iniezioni di fiducia e consapevolezza di sé.

De Masi, da convinto ottimista, vede però nel lavoro immateriale non tanto una perdita, quanto un’occasione propizia per dare maggior spazio a quella straordinaria qualità umana finora repressa dal lavoro fisico: la creatività. È la grande sfida del terzo millennio, sviluppare il pensiero laterale, la creatività umana, forse la più grande ricchezza ancora non sfruttata appieno.

Ecco allora i voluminosi studi pubblicati da De Masi che ne dimostrano le possibilità concrete, da L’emozione e la regola (Laterza, 1990) a La fantasia e la concretezza (Rizzoli, 2003). Qui lo studioso mette in luce, con un lampo di genialità, l’opposto del lavoro: l’ozio (L’ozio creativo, Ediesse, 1995 e Una semplice rivoluzione, Rizzoli 2016).

L’otium latino come il contrario di negotium, l’attività pubblica, economicamente produttiva che si svolge fuori casa, non è, come si pensa, l’assenza di ogni attività, bensì la possibilità di dedicarsi a ciò che dà soddisfazione, a ciò che si crea per sé. Anche se l’otium è legato al privato, non significa che non abbia effetti sull’intera società. Così come la creatività produce effetti benefici di cui tutti possono godere.

Considerata la fine del lavoro o comunque la sua drastica riduzione, De Masi propone una società in cui l’otium abbia una precisa funzione sociale generativa di un valore aggiunto. Lo afferma provocatoriamente in Lavorare gratis, lavorare tutti. Perché il futuro è dei disoccupati (Rizzoli, 2017), andando a ipotizzare le conseguenze a medio termine: Lavoro 2025. Il futuro dell’occupazione (o della disoccupazione), Marsilio 2017.

Al momento della pandemia De Masi ha agevolmente dimostrato la concretezza delle sue teorizzazioni sostenendo l’utilità del lavoro a distanza, pur con le dovute cautele (Smart working, Marsilio, 2020).

L’ultimo suo libro si intitola La felicità negata (Einaudi, 2022), dove si interroga sull’aumento delle disuguaglianze. De Masi mette sinteticamente a confronto la Scuola di Francoforte, che propone un marxismo sfrondato dal dominio dell’economia sulla sovrastruttura culturale, e la Scuola neoliberista di Vienna, osservando tristemente come abbia prevalso la seconda. Un moto di pessimismo in un sociologo che ha fatto dell’ottimismo, della creatività e del pensiero critico la sua ragione di vita.

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