Commentary on Political Economy

Saturday 16 December 2023

 

Fumian: «Toni Negri era un capo politico, il suo obiettivo distruggere il nemico»

«Era un capo politico, il suo obiettivo distruggere il nemico»

«Era un capo politico, il suo obiettivo distruggere il nemico»
di Agostino Gramigna

Lo storico Carlo Fumian: «Riduttivo e fuorviante definirlo un cattivo maestro»

Professore Carlo Fumian, Toni Negri è stato un cattivo maestro?
«Luogo comune. Riduttivo. Queste definizioni politico giornalistiche portano fuori strada». Il professore Fumian, insegna Storia Contemporanea all’Università di Padova.

Cosa è stato allora?
«Negri ha creduto alla possibilità che nel cuore della metropoli fosse possibile scatenare la rivoluzione. Solo che gli operai facevano fatica a seguirlo e si è inventato la figura dell’ operaio sociale: le casalinghe, le donne, gli studenti. E dato che la rivoluzione “tardava” lui pensava di provocarla».

Come?
«Legando l’operaismo (l’operaio sociale) alla clandestinità. I servizi segreti hanno documentato gli incontri avuti da Negri con Renato Curcio (tra i fondatori delle Br). Il progetto di Negri prevedeva l’utilizzo di forze clandestine armate unite alla grande illegalità di massa, dagli espropri alle manifestazioni sempre piu violente».

È stato un capo politico?
«Certamente. E Negri non si è mai nascosto. Lo ha pure scritto: “il nemico va distrutto a qualunque costo”. Si sottovaluta l’importanza del processo 7 Aprile. Da cui emerge nitida la figura di un lucido stratega della lotta politica che considerava la violenza necessaria».

Non era quindi solo un teorico.
«Lo ripeto, il leader di Autonomia operaia era un capo politico. Con una chiara strategia».

Un capo politico che operava in cattedra. Nell’università.
«Bisognava creare il partito dell’insurrezione. Nelle università si facevano le assemblee e le riunioni, si utilizzavano fax e telefoni. Hanno avuto uno scopo prosaico ed economico. Non sono servite solo per allargare la base sociale della rivoluzione».

Negri fu leader di una «generazione perduta»?
«Molti autonomi e terroristi hanno parlato di se stessi come di una generazione. Un falso mito. Si trattò di un fatto specifico che riguardò miglia di persone. Non una generazione».

Da storico, da professore, che segno le lascia la morte di Negri?
«Rimpianto. Rimpiango che non abbia trovato, neanche dopo 50 anni, il coraggio morale di raccontarci come è andata. Sarebbe stato un testimone prezioso di quella grande fiammata rivoluzionaria. Ma purtroppo non l’ha fatto».

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