Commentary on Political Economy

Friday 16 February 2024

 

Navalny, morte di un eroe

Navalny, morte di un eroe

Ora tenteranno di infangarlo, già lo stanno facendo, la disinformazione russa è molto organizzata e articolata. Diranno che era uno sciovinista, mica un santo. Un estremista, un matto, che aveva pure lui i suoi scheletri nell’armadio, in fondo li hanno tutti, no? Ma non lasciatevi ingannare.

Alexei Anatolevič Navalny è un eroe.
Da eroe ha vissuto, e da eroe è morto.
In tanti dicono di essere pronti a morire per la patria; e fin qui è retorica. Ma quando si muore davvero, nelle carceri siberiane del tiranno, non è retorica; è carne e sangue. In tanti tengono gli oppositori in galera, al mondo ci sono più dittature che democrazie. Ma pochi dittatori combattono guerre d’aggressione come quelle scatenate da Putin in Georgia e in Crimea, pochi hanno massacrato sistematicamente interi popoli come ha fatto Putin con i ceceni. Ma i ceceni sono musulmani, e la Georgia è lontana. Poi Putin ha aggredito l’Ucraina, ai confini dell’Europa, imprimendo una drammatica escalation a un confitto che esisteva già. Di Navalny diceva: «Se l’avessi fatto avvelenare io, sarebbe morto». Ora è stato accontentato.

Intendiamoci: Navalny era un nazionalista russo. Non era un liberale, tanto meno un uomo di sinistra. Era un patriota che, a differenza del criminale di guerra Putin, voleva il bene del suo Paese, per cui ha messo in gioco il suo patrimonio, i suoi cari, la sua stessa vita.

Navalny aveva passato oltre un anno agli arresti domiciliari. È stato avvelenato, è finito in coma, ha rischiato di morire. La Germania l’ha accolto. Ma Navalny non voleva vivere in esilio; tanto meno diventare una pedina dello scontro tra Putin e Angela Merkel. Navalny voleva combattere e, se necessario, morire in patria. Così è tornato a Mosca, dove sapeva che l’avrebbero atteso le manette e la cella per chissà quanto tempo, dimostrando un coraggio anche fisico d’altre epoche, degno di un eroe risorgimentale. Garibaldi però era al suo tempo l’uomo più famoso del mondo. Purtroppo non possiamo dire lo stesso di Navalny. Il suo arresto, la persecuzione dei suoi collaboratori – tutti in esilio o in galera -, la brutale repressione dei manifestanti scesi in piazza a sua difesa non hanno suscitato nell’opinione pubblica globale l’emozione che meriterebbero.

Poi, certo, molte idee di Navalny erano discutibili, come emerse dall’intervista a Paolo Valentino sul Corriere, otto anni fa. Nei suoi occhi Enzo Bettiza aveva intravisto quel «lampo di follia» che secondo lui balenava «nello sguardo dei russi bianchi». Ma Navalny non è del tutto isolato. L’ultima volta che poté presentarsi alle elezioni, quando nel 2013 si candidò sindaco di Mosca, raccolse il 27%. Le sue denunce sulla corruzione del regime sono state confermate dai fatti.

Di solito le dittature cadono quando perdono le guerre. Sconfiggere la Russia è molto difficile, probabilmente impossibile. Un negoziato andrà aperto, un compromesso andrà trovato. Ma non si può chiudere questa guerra senza trovare una soluzione duratura che garantisca la sicurezza delle frontiere orientali dell’Europa. È un errore fatale non capire che se Putin vince tutti noi perdiamose il dittatore avrà campo aperto ognuno di noi è in pericolo.

Se capiremo questo, il sacrificio di Navalny non sarà stato vano; per il suo popolo, e per il mondo.

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